gazzettaCaro Valerio Piccioni. Venerdì sul sito della Gazzetta dello Sport campeggiava in prima pagina il Suo articolo "Auricchio e quelle intercettazioni accantonate". Lungi da noi l'ambizione di orientare l'opinione dei suoi lettori, o del Suo direttore Andrea Monti, o di Massimo Moratti che nel maggio del 2010 presenziò, insieme allo stesso Auricchio, all'ex pm Narducci e a Lei stesso, alla presentazione del libro "I Mondiali della Vergogna" di Pablo Llonto, del quale l'ex pm si pregiava di essere il prefattore.
Ma.
Il problema è che nel Suo pezzo si leggono argomentazioni che vanno contro-orientate non in quanto opinioni, ma in quanto fatti, e secondo noi sarebbe ora che su Farsopoli i lettori della rosea andassero orientati verso i fatti, lasciando da parte le opinioni.

Ad esempio, vi leggiamo che "quando cominciano i viaggi a Napoli dell'allora commissario Guido Rossi e poi del procuratore Francesco Saverio Borrelli, in quel momento capo dell'Ufficio Indagini, Auricchio è già depotenziato".
Caro Valerio Piccioni e soprattutto cari lettori della Gazzetta, è tempo che sappiate che in realtà in quel momento Borrelli non era ancora Capo dell'Ufficio Indagini, era ancora un privato cittadino. La Gazzetta non ve lo ha mai detto, ma il 14 settembre 2006 Borrelli lo ammise davanti ad una Commissione del Senato, ascoltare il nostro video per credere.
Proseguiamo. "La fuga di notizie ha prodotto fra gli ufficiali un rinfacciarsi di responsabilità. Insomma, paradossalmente, l'inchiesta avrebbe vissuto una sorta di black out proprio nel momento della sua deflagrazione pubblica. Così sarebbe stato deciso un primo pit stop per analizzare le posizioni più gravi. Con l'impegno di approfondire dopo altre situazioni".
Caro Valerio Piccioni, e soprattutto cari lettori della Gazzetta, sappiate che sostenere che a maggio del 2006, momento clou di un'orgia mediatica più che di un'inchiesta, vi sia stato un black-out, lasciando intendere che fossero in corso attività di accertamento relative ai soggetti interessati dalle telefonate "sfuggite" in seguito diffuse da Moggi, è una tesi a dir poco peregrina, poiché le due informative sulla "Cupola Moggiana", che una manina rimasta misteriosa diffuse illegalmente alla stampa dando inizio allo scandalo, erano datate 2005, e riguardavano fatti di ormai un anno e più prima, mentre nessuna attività di investigazione, da quanto si è visto al processo, si svolse nel 2006 (per essere precisi: lungo tutto il campionato 2005-06). Senza contare che lo stesso Auricchio durante le sue deposizioni-fiume al Tribunale di Napoli, incalzato dagli avvocati, dichiarò che l’indagine era focalizzata sul Direttore Generale della Juve. Forse il black out è riferito alla stesura della terza informativa, quella sul Milan, datata inizio 2006? Si tratta di un documento un po' raccogliticcio, in effetti, ma pure sempre fermo a quel dannato 2004-05, e incentrato sulle telefonate dell'addetto agli arbitri rossonero in funzione anti-Juve e anti-Moggi. State cercando di farci credere che la mitica squadra Off-Side aveva in corso un programma pluriennale di ascolto delle telefonate del campionato 2004-05 mirato a estrarre dalle telefonate degli intercettati anche le conversazioni con gli altri dirigenti?
Caro Valerio Piccioni e cari lettori rosa, noi che seguiamo da cinque anni questo caso e ci ascoltiamo tutte le udienze del processo in corso a Napoli possiamo affermare con tutta sicurezza che di filoni d'indagine in altre direzioni stoppate dalla fuga di notizie non v'è traccia. Anzi, in un articolo del giugno 2006 di Bonini e Avanzo di Repubblica, si affermava che secondo la Procura di Napoli la fuga di notizie aveva rovinato l'inchiesta non perché ci fosse intenzione di allargare il campo degli indagati, ma perché avrebbe impedito l'arresto di quelli già sotto inchiesta. I soliti. I cattivi in quel momento alla gogna mediatica. Chi altri? Se siete già in ferie e avete un po' di tempo libero, approfondite con noi il Metodo Auricchio.
La realtà è che gli unici ad aver cercato in altre direzioni sono i consulenti di Moggi, qualche anno dopo, arrabattandosi con le intercettazioni disponibili, fatte sulle utenze degli imputati del processo. Lo sappiamo tutti, su.

Continuiamo. Tanto che Borrelli, firmando i deferimenti, parlò di "plurimi filoni investigativi che sin da ora emergono e che vieppiù emergeranno nel prosieguo".
Caro Valerio Piccioni e cari lettori della Gazzetta, ultimamente viene spesso ricordata la frase di Borrelli che nella calda estate 2006 invitava a continuare le indagini. Viene però da chiedersi perché i giornalisti della rosea non chiedano a Borrelli il motivo per il quale non continuò lui le indagini nell'anno in cui rimase a capo dell'Ufficio Indagini. Perché sollevare Borrelli da responsabilità che pure ha, dato che i nomi di Facchetti e Moratti comparivano già nelle informative? Ah, già, la Gazzetta non vi ha mai detto neppure questo, che nelle informative quei due nomi c'erano e che gli 007 federali li ignorarono, come ignorarono la deposizione di Bergamo che, inascoltato, per non dire tacciato di bugiardo, di nomi ne faceva.

Caro Valerio Piccioni e soprattutto cari lettori della Gazzetta, al termine di questa nostra, teniamo anche a rendervi noto che l'altro PM dell'inchiesta Farsopoli, Filippo Beatrice, si è pochi giorni fa smarcato sia da Narducci che da Auricchio, sostenendo che lui delle telefonate sfuggite non sapeva nulla.

Tanto vi dovevamo.