Sussistono gli elementi per rilevare una pluralità di atti fraudolenti nell’accezione già esposta: si tratta della partita Fiorentina-Bologna del 5.12.2004 arbitrata dal De Santis e conclusasi con il pareggio, in cui emerge l’attività fraudolenta dello stesso attraverso le cd 'diffide' prodromiche alla successive gara che il Bologna doveva affrontare con la Juventus” (pag. 156, sentenza d’appello).
Con queste parole la Corte d'Appello di Napoli conferma la condanna al capo G per l'ex direttore della Juventus, Luciano Moggi, per frode sportiva. Come avevamo già evidenziato in un precedente articolo (SPECIALE CALCIOPOLI: G+I /1, la “dottrina Meani”), a supporto di questa imputazione non sussistevano schede straniere né contatti diretti tra Moggi e l’arbitro. Ma, nonostante ciò, ed in barba all'assenza di una qualsiasi prova a supporto della trasmissione di un ipotetico messaggio delinquenziale all’arbitro della suddetta partita, i giudici di primo grado si convinsero della colpevolezza degli imputati per via di alcune telefonate su utenze italiane. Si tratta della famosa ambientale nr. 8790 del 3/12/04, quella per intenderci che finisce con “Ciao, Albè” e di altre due telefonate, quella tra il giornalista Damascelli e Moggi de “il delitto perfetto” (la 5738 del 5/12/04) ed una di difficile contestualizzazione, forse messa lì per fare numero, la 2254 del 3/12/04.
In appello, il giudice sostanzialmente conferma in toto la motivazione del primo grado, aggiungendovi anche un altro paio di elementi: a) le doglianze per le ammonizioni ricevute dai propri giocatori, espresse all’arbitro a fine partita da parte del dirigente (qualifica che analizzeremo in seguito) del Bologna, Giancarlo Marocchi, e messe a verbale nell’udienza del 11/12/09; b) un commento durante una telefonata (la 39179 del 7/1/05) dell’allora presidente dell’AIA, Tullio Lanese, fatto ad un osservatore arbitrale, in altra occasione, altra gara, a oltre un mese dalla partita incriminata e senza ad essa riferirsi, in cui “si fa esplicito riferimento ad un costante atteggiamento favorevole del De Santis nei confronti della Juventus e dunque del Moggi” (pag 157).
Le eccezioni della difesa rappresentate da: a) le testimonianze degli addetti ai lavori sul giudizio della prestazione arbitrale di De Santis in quella gara; b) un paio di telefonate a discarico (la 490 dell’8/2/04 tra Fazi e Bergamo, la 8609 del 7/5/05 tra Bergamo e Meani e la 17443 dell'8/5/05 tra De Santis e Bergamo), vengono invece considerate ininfluenti al fine del giudizio finale. La Corte infatti "non ritiene che le stesse smentiscano l’esito delle ben più ampie telefonate intercettate più volte citate” (pag. 157).
In questo giudizio emerge dunque un certo doppiopesismo nel valutare i contenuti delle telefonate. Da un lato abbiamo la 490 che, a parere dei giudici, “non rappresenta altro che il lunghissimo sfogo della Fazi dopo il suo licenziamento e del suo diretto intervento su Moggi, il quale avrebbe con lei manifestato un malcontento sul De Santis per il suo comportamento al centro di allenamento arbitri di Roma (peraltro i temi affrontati nella lunga telefonata dalla donna attengono per lo più a giudizi sugli aspetti personali del predetto più che sul suo operato come arbitro)”. Quindi in questo caso siamo in presenza di distinguo, precisazioni e valutazioni restrittive per la telefonata a discarico dell'imputato. Invece per la telefonata tra Lanese e l’osservatore arbitrale a carico degli imputati abbiamo l'esatto opposto: generalizzazione ed interpretazione ampia, buona per tutte le stagioni.
 
Per concludere, ci tocca ancora una volta citare gli immancabili strafalcioni anche per questa parte di sentenza relativa al capo G. Il commentatore televisivo Baldas, al quale viene attribuito il colloquio con Moggi nella telefonata 8790, viene scambiato per Tony Damascelli. E, come se non bastasse, pochi paragrafi sotto Giancarlo Marocchi viene descritto con la funzione di “assistente”, quasi a dare un contesto qualificante alle sue doglianze sulle ammonizioni. Un giudizio attendibile, in pratica, da esperto di cose arbitrali, invece che da persona parte in causa, in quanto dirigente della squadra che subisce le ammonizioni ed oltretutto ex giocatore di calcio che in vita sua mai ha preso in mano il fischietto in partite ufficiali. Un personaggio che potrà esprimere sensazioni, ma non certo attendibile per via delle sue limitate conoscenze in materia arbitrale oltreché per la sua posizione rispetto ai fatti.
 
E, in ogni caso, molto meno attendibile degli esperti Pirondini (assistente arbitrale) e Borsari (osservatore arbitrale), i quali durante il dibattimento in aula avevano certificato la bontà delle decisioni prese dal De Santis in quella partita. Testimonianze che, a differenza “dell’assistente” Marocchi, non sono state considerate rilevanti dai giudici, né in primo grado, né in appello. Tutto come da copione, direbbero i registi teatrali.
 
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