Premessa: i tifosi della Juventus dovrebbero sempre ringraziare Antonio Conte per quanto fatto e vinto con la maglia bianconera in tredici anni da giocatore e in tre da allenatore. Era e rimane una figura di assoluto spicco nella storia della nostra squadra del cuore.
 
Ora è realtà: Antonio Conte è il nuovo ct della Nazionale italiana, il mister di tutti gli italiani. Uno scenario impensabile solo qualche mese fa ha consumato la sua ufficialità in una mattina d’agosto in quel di Roma. Sicuramente si sprecheranno le lodi della stampa e dell’opinione pubblica per colui che adesso finalmente diventerà un grande allenatore e non più un arrogante ed antipatico che, da buon juventino, aveva avuto di che penare con la giustizia sportiva. Si è presentato ai suoi “nuovi” tifosi in un’atmosfera gioiosa e tranquilla con a fianco il nuovo presidente federale Tavecchio; e ha detto tante cose Antonio Conte. Ha ringraziato Prandelli, Sacchi, ha dispensato sorrisi e tanta voglia di mettersi a lavoro.
Però forse si è dimenticato qualcosa. Tra i vari ringraziamenti, ad esempio, magari ce ne poteva stare anche uno per quella società con la quale ha vinto tre scudetti e due supercoppe italiane, quella che tre anni fa lo scelse dandogli l'opportunità di rilanciarsi. Non che allora non fosse un allenatore quotato o che non avesse le stimmate del vincente, ma in carriera fino a quel momento aveva ottenuto due promozioni dalla serie B e nell’unica esperienza nella massima serie aveva collezionato un esonero. Non proprio un curriculum esaltante per un candidato alla panchina di una grande squadra. Ma, soprattutto, nemmeno un grazie a quella società che, quando era incappato in quelle brutte accuse relative al calcioscommesse(infondate, sia chiaro), da subito si era schierata al suo fianco e lo aveva difeso su tutta la linea. Un privilegio, questo, che in Juventus non è stato concesso nemmeno ad un gruppo dirigente che in dodici anni ha vinto tutto quello che c’era da vincere o quasi, e senza far cacciare un euro all’azionista di maggioranza. Non se lo è ricordato questo Conte da mister di tutti gli italiani. Ma ci può stare, ormai sappiamo bene che nel calcio la riconoscenza sta a zero e che un allenatore è un professionista che pensa principalmente alla sua carriera. Non è la prima volta che succede né sarà l’ultima, basti pensare a Lippi all’Inter o Capello alla Juve.
Poi, puntuale, nella conferenza stampa di presentazione è arrivata la domandina avvelenata: “Quanti scudetti ha la Juve?” Risposta: “Io ne ho vinti otto, che per me sono i più belli”. Strana risposta questa, visto che solo qualche mese fa, l’Antonio (ancora) bianconero aveva detto chiaro e tondo che quei due scudetti erano stati tolti ingiustamente alla Juve. E’ veramente strano questo svicolare da parte di uno che (giustamente) veniva considerato un’icona di juventinità. Però, nella stessa conferenza stampa, quando si è trattato di rispondere ad una domanda sulla sua di condanna, Conte non ha avuto il ben che minimo dubbio a definire quella condanna ingiusta. Ma forse abbiamo ormai compreso che mister Conte, più che alla carriera o alla squadra del cuore, pensa principalmente a nutrire il suo smisurato ego.
La Juve di Conte ci riporterà sempre alla mente tre anni di dominio e di vittorie, gioie intensissime e record su record infranti. E penso che nessuno potrà mai togliere tutto ciò soprattutto a lui, il maggiore artefice di una rinascita. Però potrà convenire anche lui che si è trovato a lavorare in una piazza che lo ha sempre adorato e supportato, dove tante cose che a qualsiasi altro sarebbero state rinfacciate a lui sono state abbonate. Tipo una progressiva involuzione estetica del gioco della squadra, tipo una disastrosa annata europea (l’ultima) sia in Champions League che in Europa League. Ed ogni volta che si perdeva le spiegazioni del mister assomigliavano sempre più al classico ”mettere le mani avanti”. Abbiamo scoperto che noi eravamo una “macchinina” e squadre come il Real Madrid erano una “Ferrari” (il che può anche essere vero, ma non mi sembra che la Juventus abbia una rosa che non le consenta di arrivare per lo meno agli ottavi di Champions), che siamo usciti dalla massima competizione europea perché giocavamo in un campo arato in una partita che avremmo dovuto giocare con le riserve e con la qualificazione in tasca, che a buttarci fuori dall’Europa League era stato l’arbitro e non noi stessi che non siamo stati capaci di segnare un gol al Benfica. E mai una volta che l’allenatore abbia detto: “E' colpa mia”. Una frase che, ad esempio, a Marcello Lippi ho sentito dire varie volte, a Conte mai.
Dulcis in fundo una bella sceneggiata al secondo giorno di ritiro, la rescissione del contratto, la Juventus che si ritrova a ripartire con un allenatore nuovo e il prode Antonio che, lautamente stipendiato, convola a nozze con la Federazione Italiana Gioco Calcio, ora non più “agghiacciante” come quando lo costringeva a vedere le partite in tribuna. E tutti i discorsi sui tanti anni da giocatore e capitano, sulla prima squadra che si chiamava “juventina”, sul rapporto speciale che aveva con la Juventus? Evidentemente vanno bene solo quando si vince, mica quando con un’altra casacca si dovrebbe confermare quanto già sostenuto: cioè che la Juventus otto anni fa è stata vittima di una palese ingiustizia sportiva. Perché per Conte la Juventus è tale solo quando lui è sotto contratto. Basta saperlo, ce ne faremo una ragione.
Probabilmente anche al mister leccese il destino potrebbe riservare la sorte di ritornare in bianconero, come già successo ad altri suoi illustri predecessori come Trapattoni e Lippi. Ma, qualora ciò dovesse accadere, sarebbe opportuno giudicare il suo operato esclusivamente in base ai risultati, senza attenuanti legate ad una juventinità a corrente alternata. Da oggi anche per noi Antonio Conte sarà ciò che è sempre stato per tutti gli altri tifosi italiani (in caso di una nuova avventura alla Juventus): soltanto un allenatore. Sarò sincero, sono abbastanza scettico sul nostro nuovo tecnico, ma ora possiamo finalmente dirlo: buon lavoro, mister Allegri.