Noi ci siamo incontrati una volta sola, di sfuggita, quindi non ci conosciamo. Una persona che per professione ha passato la vita ad incontrare altre persone non può certo ricordarsi di me. Mi permetto, però, di scriverti questa lettera aperta, per commentare questa nuova sentenza che ti riguarda, e per parlare virtualmente un attimo con te.
Vedi, io tifavo e tifo per te da tantissimi anni, quindi la mia non è una posizione del tutto neutrale, e non è facile elaborare pensieri equilibrati in queste circostanze. Cercherò però di essere asettico e distaccato, in modo da poter elaborare due pensierini con la dovuta ragionevolezza senza lasciarmi trasportare dalle emozioni travagliate di queste ore.

Comincio col dire, o meglio, col confessarti, che quanto avvenuto dal momento dello scandalo in poi non mi ha sorpreso. Quando vidi le immagini di quel Juve-Palermo del 2006, capii che non c'era più niente da fare. La stessa proprietà della Juventus ti aveva scaricato, e lo aveva fatto con la solita spocchiosa arroganza che da buon torinese mi ero abituato a vedere e a riconoscere, di tanto in tanto. E quella volta l'arroganza era stata anche più tonta e inadeguata del solito. Quindi sapevo che da quel punto in poi avresti dovuto farcela da solo, nel caso avessi voluto cominciare a combattere una qualche battaglia di qualche genere. Senza l'appoggio mediatico dei giornali e delle televisioni, senza l'aiuto di qualche magistrato che avesse voglia di trovare la verità prima di cercare un colpevole, con l'opinione pubblica tonta e forcaiola tutta contro, con tutti gli antijuventini d'Italia contro, e persino con molti tifosi juventini contro (abilmente lobotomizzati e resi "zucche vuote" per l'occasione). E nemmeno sapevo se mai avresti lucidato e imbracciato la spada, un giorno. Regnava il kaos, in quel preciso momento storico...

Io per primo, ogni giorno aspettavo la pubblicazione di nuove intercettazioni, avevo le idee confuse, e speravo di capirci qualcosa, prima o poi. Ma una cosa la sapevo, e bene, da sempre. Al di là di quello che potevi aver fatto tu (ancora non c'era nemmeno un'accusa formale precisa e dalle sole intercettazioni si capiva poco o nulla), in molti altri ambiti del calcio italico e in molte redazioni di molti giornali vi erano dei delinquenti di professione. E questo, per una corretta valutazione dell'operato del professionista Luciano Moggi, era a mio avviso determinante: ossia capire il mondo in cui egli era costretto a lavorare, prima di dare giudizi affrettati. La tua effettiva onestà per me era un fatto del tutto secondario. Prima di tutto veniva la verità, i fatti veri e circostanziati, e poi i suoi protagonisti e le relative colpe, se c’erano. Men che meno venivano le maglie di appartenenza... Ovviamente non l'ho mai raccontata a nessuno questa mia intuizione, ossia quella delle sentenze già scritte. Il motivo per cui non l'ho fatto te lo spiegherò tra poco.

Vedi, Luciano, io penso che tu ad un certo punto, e con te forse anche il tuo collega di gobbe avventure Antonio Giraudo, eravate diventati un imbarazzo per tutti. Troppo bravi, troppo avanti mentalmente, troppo invidiati, troppo ingombranti anche per la proprietà della Juventus (Gianni Agnelli compreso, ed eredi compresi) che sulla scelta dei manager ci hanno sempre capito poco (al contrario di Umberto Agnelli). I disastri di casa Fiat nel corso dei decenni sono lì a dimostrarlo. Il sistema politico/economico/calcistico non vi voleva più, perché tutti uscivano con le ossa rotte dal confronto. Poi, diciamoci la verità, Luciano, a voi della Triade l’hobby dell’umiltà non è che vi fosse mai piaciuto... Senza offesa, sia chiaro. Comunque, qui, nel Bananeto della Bassa Europa, le cose da tanti anni vanno così. Un teatrino segue l’altro, senza tregua, e la tua storia, e quella degli altri imputati, è solo l’ultima di una sterminata serie di storie di quotidiana ingiustizia.
La farsa, vedi, è imbarazzante ad un punto tale che, se anche tu fossi effettivamente colpevole, hai ricevuto sul groppone una condanna senza nessuna prova concreta che tu lo fossi. E, anzi, vi sono molti elementi di prova di segno contrario rispetto all’accusa imbastita.

Ora, prima di concludere questa mia lettera aperta, volevo dirti che, visto lo stato dell’arte, credo che tu debba prendere in seria considerazione l’idea di goderti la vita e la pensione. Io, nel caso decidessi di smettere di dare battaglia nei tribunali, sarei comunque contento di ciò che sei riuscito a fare fino ad oggi. Ovviamente hai il sacrosanto diritto di tutelare la tua dignità e la tua immagine, ma volevo che sapessi che non sarò certo io a giudicarti nel caso decidessi che la tua battaglia è finita. E come me la pensano tanti altri tifosi juventini. Detto questo, fai pure come credi meglio per te.
Ora, tornando al discorso precedente che ho lasciato in sospeso, voglio spiegarti il perché non ho diffuso fin dall’inizio la mia intuizione sulla tua futura condanna.
Non appena avevo intuito ciò che sarebbe accaduto, avrei dovuto mollare il mio amore per la Juventus e per tutto ciò che, direttamente o indirettamente, la riguarda. E in parte ciò è avvenuto, perché il mio tifo dal 2006 in poi si è molto raffreddato. Non ci sono Tevez che tengano…

A mio modesto avviso si continuano a giocare campionati senza valore, e credo si debbano rivedere processualmente e seriamente almeno gli ultimi 15 anni di calcio. Sì, perché, tra passaporti falsi, tarocchi vari, scandali pilotati, scommesse, ecc, ecc, non è più chiaro chi ha vinto, quando e cosa.
Ma nel 2006, non appena ho capito che avresti combattuto, ho pensato che fosse il caso di dare nel mio piccolo una mano alla situazione, tua e della Juventus.
La mia scelta all’epoca è stata idealistica, nel senso che non me la sentivo di porre limiti alla provvidenza, tanto per cominciare, e anche se da certe tipologie di uomini non mi aspettavo nessuna sorpresa, ho pensato che ci voleva, oltre a te, qualcuno che avesse voglia di crederci. Non potevano essere produttivi il disfattismo e il pessimismo in quel momento storico, servivano invece persone che avessero voglia di sfidare la realtà lugubre in cui tutti noi gobbi eravamo caduti. Contro tutto e contro tutti. Può essere che avessi la paura inconscia di perdermi in una situazione drammatica, che avessi paura di affogare, e che per reazione volessi insegnare come stavano le cose a chi non lo sapeva… Non ne ho idea. Tutto può essere. Ma con il vento, la pioggia, il sole, la neve, di sera, di notte, di giorno, festivi o no, ho deciso di essere presente, e con me altre migliaia di juventini. Sì, perché, man mano che si procedeva lungo la strada buia, dai portoni e dalle case usciva gente che si univa al gruppo. E man mano il gruppetto si ingrandiva, diventava massa di persone, fino a che è diventato folla. E ognuno di noi dava il suo piccolo contributo, alle ricostruzioni di fatti, alle proposte, alle idee, alle iniziative, come al morale della truppa.

E’ strana la vita, perché proprio da questa tragedia umana e sportiva è nata una grande avventura.
Un’avventura che ha unito i destini di tante persone, ha fatto nascere amicizie ormai consolidate, e che ha insegnato tantissimo a tutti noi.
Che tu abbia ancora voglia di combattere, come mi sembra di aver capito, o che invece abbia deciso di sederti sulla riva del fiume con il sigaro in bocca, insieme a tutti noi, a guardare i cadaveri dei tuoi nemici che, prima o poi, passeranno, cambia poco.
Sono orgoglioso di aver percorso questo lungo tratto di strada insieme a te e al resto della folla.
Grazie per aver combattuto, per te stesso, per tutti gli imputati, per tutti i tifosi bianconeri, per la storia e la dignità della Juventus.
Qualche millennio fa, un grande genio (il matematico, fisico e inventore Archimede di Siracusa - circa 287 a.C. – Siracusa, 212 a.C.) disse «Datemi un punto di appoggio e solleverò la terra». Ora, io non ho molta fiducia sull’esito delle battaglie future, ormai questo lo hai capito… Saremo in tanti ancora al tuo fianco, di questo non ho nessun dubbio. Però permettimi di dire che, anche se tutti insieme in questi anni deliranti non siamo riusciti a sollevare lo sporco mondo che ben conosciamo, utilizzando il punto di appoggio che tu per primo ci hai messo indirettamente a disposizione, posso dire con assoluta certezza che, a forza di provare con tutte le nostre forze, siamo riusciti comunque a generare una notevole quantità di scossoni.

Ecco, per me ognuno di quegli scossoni è stato una civile, strepitosa, scoppiettante conquista.

Un saluto e un abbraccio. Ciao Luciano.
Crazeology


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