LE UTENZE RISERVATE

(81) «Se le comunicazioni tra loro vi sono state ( la circostanza è pacifica) e se lo stesso Moggi si è dato carico di fornire (almeno a Bergamo) il telefonino ed ha provveduto a ricaricarlo a sue spese, è consentito dedurne che l'oggetto delle conversazioni (non essendo state prospettate altre ipotesi plausibili da parte degli incolpati) non dovesse essere del tutto lecito».

Un ragionamento illogico: se Moggi ha fornito a Bergamo un’utenza straniera, allora è ovvio che è attraverso quella che i due pianificano le loro malefatte. L’accusa, in questo caso, sarebbe paradossalmente la mancanza di intercettazioni o il fatto stesso di telefonarsi, che non è che la ripetizione dell’accusa precedente. Dov’è dunque la prova? Secondo questo ragionamento anche le cene di Facchetti con Bergamo, dal momento che nessuno ne era a conoscenza, sono state sicuramente sede di condizionamenti arbitrali.
Al di là di queste considerazioni, la circostanza delle utenze riservate è, inutile nasconderlo, una violazione dell’art.1. Premesso che Bergamo e Pairetto parlavano con molti se non tutti, il fatto di aver consegnato ad uno di loro un telefonino “riservato” (sulla sua effettiva “riservabilità” vedere supra) non depone certo a favore di Moggi. L’assegnazione di qualche punto di penalità alla Juventus non stonerebbe in questo contesto. Tuttavia è necessario anche considerare l’ambiente in cui si stava operando: i timori di Moggi riguardo all’essere abusivamente ascoltati si sono rivelati fondati come dimostra l’esistenza della cosiddetta “Pratica Como”. La libertà di corrispondenza, infine, è ancora un diritto e nessuno può impedire a chicchessia di tutelare la propria privacy. Il semplice fatto che non si voglia far ascoltare una conversazione a terzi non può implicare, sic et simpliciter, un illecito.

REGALIE AGLI ARBITRI

(82) «Il rapporto tra i due rappresentanti della Juventus e i due designatori è caratterizzato poi da un elemento, sicuramente deprecabile qual è quello relativo al conseguimento di utilità economiche da parte dei due designatori, consistenti in regali, anche se di essi non è possibile verificare l'entità e nell'ottenimento di sconti di notevole importo per l'acquisto di autovetture del gruppo FIAT, per quanto riguarda Pairetto».

Non vi sono affatto utilità economiche in gioco (lo ribadisce anche la richiesta di archiviazione della Procura di Torino). Il testo fa riferimento ad una telefonata di Moggi alla moglie nella quale ella chiede se portare dei panettoni alla cena di Natale con Bergamo e Pairetto. Moggi risponde: «ma, no, no… gli diamo altra roba, non ti preoccupà!». Non viene precisato che cosa sia questa “altra roba” ma ciò basta agli investigatori per pensare a qualche regalo compromettente. E se invece Moggi avesse già predisposto, ad esempio, l’invio di una cassa di champagne? Le intercettazioni poi, per avere una valenza, devono essere chiare ed inequivoche e da quest’ultima di inequivoco c’è solo che è Natale. Piuttosto, riguardo ai regali, bisognerebbe pensare ai Rolex di Sensi, del valore di svariati milioni, oppure ai cronografi con i quali gli arbitri sono stati omaggiati dal Milan alla vigilia della partita decisiva contro la Juventus dell’8 maggio 2005.
Successivamente si parla di automobili. Abbiamo già visto che le auto in questione non erano dirette a Pairetto ma a dei suoi conoscenti (la sentenza aggiunge anche «una signora legata a Pairetto». Ma prima di formulare un’accusa non era meglio specificare chi fosse e quale ruolo avesse questa signora?) e che si trattava, in alcuni casi di uno sconto “aziendale” del 23% con regolare emissione di fattura e in altri di richieste per velocizzare la consegna.

I SORTEGGI ERANO REGOLARI

(83) «La Commissione ritiene di dovere sin da ora escludere che sia da attribuire rilevanza alla circostanza, sulla quale tanto si è discusso in questo procedimento e che ha formato oggetto di specifica indagine della Procura della Repubblica di Torino, relativa alla alterazione del procedimento di sorteggio arbitrale. Al riguardo, infatti, affiorano ragionevoli dubbi, in presenza dei quali non può parlarsi di prove sicuramente affidabili».

Incredibile. Cinque righe per liquidare uno dei capisaldi fondamentali dell’accusa mediatica e popolare. Il lettore stia bene attento e caso mai prenda un appunto: la sentenza dice che i sorteggi NON erano truccati. Ancora una volta i giornali non sono stati avvisati in tempo. Questa affermazione da parte della Corte capovolge completamente le teorie avanzate dai Carabinieri nelle informative: se gli arbitri erano regolarmente sorteggiati come faceva la cupola a mandare quelli graditi allorché si è deciso di “salvare” Fiorentina e Lazio? L’unica soluzione è che i designatori corrompessero personalmente tutti gli arbitri. Ma allora perché i direttori di gara sono stati tutti assolti? Come si può ritenere di scarsa rilevanza la circostanza delle irregolarità di sorteggio quando invece dovrebbe essere uno dei fulcri dell’intero impianto accusatorio?

LE GRIGLIE

(83) «Pienamente provati, invece, sono da ritenere altri modi in cui l'opera di condizionamento veniva attuata. Il primo è quello della interferenza di Moggi nella fase di predisposizione delle griglie e, dopo il sorteggio dell'arbitro, nella fase di designazione degli assistenti. In proposito è da rilevare che la scelta degli assistenti è riservata ai poteri discrezionali del designatore e la scelta deve essere frutto di una sua autonoma decisione che deve scaturire da motivi tecnici o anche da ragioni di opportunità, ma ovviamente mai dalla previsione che un assistente possa «aiutare» una delle due squadre in campo».

Due errori: Moggi non chiede nessun arbitro né impone la sua griglia a Bergamo. I due si limitano semplicemente a confrontarle («eh, vedi, allora s’era fatta uguale»). Il dg juventino nemmeno chiede l’invio degli assistenti poiché è lo stesso Bergamo a domandare consiglio al riguardo, come vedremo nei successivi stralci.

(83) «L'interferenza dei dirigenti della Juventus in questa fase delicata, è indotta non solo dalla esigenza di assicurarsi un arbitraggio favorevole in relazione alla gara della propria squadra, ma anche da quella di impedire che le squadre concorrenti potessero usufruire di arbitraggi ad esse favorevoli. Tale situazione è bene illuminata dalla conversazione telefonica svoltasi tra Bergamo e Moggi il 9 febbraio 2005 prog. 123, quindi prima della data dei sorteggi per le gare da effettuarsi il 12 (anticipo di Inter-Roma e Lazio-Atalanta) ed il 13 febbraio 2005, gara Juventus-Udinese. La conversazione inizia così: Moggi: <Pronto ?> - Bergamo: <Ehm ... sono al numero di casa> - Moggi: <Ehm ... Uhm ...> - Bergamo: <Vai, tanto qui son sicuro! Non ti preoccupare>. Questa introduzione dimostra, indirettamente, quanto si è già affermato in precedenza, cioè che Bergamo e Moggi erano soliti parlare su linee riservate quando affrontavano determinati argomenti».

Ancora errori: che attinenza ha il fatto che Bergamo e Moggi si telefonino tre giorni prima delle partite con la volontà di quest’ultimo di impedire che altre squadre possano usufruire di arbitraggi favorevoli? Posto che non vi è prova di alcun desiderio al riguardo, nella telefonata citata né Moggi né Bergamo fanno mai riferimento ad arbitri istruiti a danneggiare altre squadre. Come detto, i due confrontano semplicemente una griglia. E poi c’è sempre il sorteggio a decidere l’abbinamento arbitro-partita. Sorteggio che, per ammissione della stessa Corte, è regolare.
Nessuna attinenza ha neppure il riferimento di Bergamo alla linea riservata. Nella circostanza il designatore chiama dalla propria abitazione. Difficile che i due (dipinti dai Carabinieri come abili mistificatori) non sappiano che un’utenza casalinga è tutto tranne che sicura. Non è che forse Bergamo intendeva altro quando diceva di essere “sicuro”? Forse che era tranquillo, che non aveva impegni e che poteva stare tranquillamente al telefono. Infatti la conversazione tra i due è lunghissima, al contrario di quanto vuole far credere la sentenza. Visto così sembra che i due si siano telefonati apposta per parlare di griglie, invece tale questione viene affrontata solo alla fine e non è l’oggetto principale della conversazione.

(84) «Dal contenuto del colloquio appare chiaro che esso non si limita al mero confronto delle liste della prima griglia dai due autonomamente compilata, poiché la conversazione si sviluppa, nello stesso tempo, sulla opportunità o meno di formare la griglia con quattro o cinque gare e sulla individuazione della eventuale quinta gara da inserire nella griglia (Livorno-Sampdoria o Siena-Messina). Già questo primo fatto, cioè che il dirigente di una società interferisca nel lavoro di formazione della griglia, è lesivo della indipendenza ed autonomia della funzione arbitrale, fin dalla sua fase genetica».

Un altro passaggio irragionevole. Stando a queste affermazioni tutto il megagalattico potere di Moggi risiederebbe nel decidere se nella griglia A devono essere incluse quattro o cinque partite. Bergamo peraltro ha parlato delle griglie come del “segreto di Pulcinella” (cfr. supra) e ha aggiunto di averle confrontate spesso con altri dirigenti e persino allenatori (come Capello, quando questi occupava la panchina della Roma).

(85) «La stessa interferenza è provata anche con riferimento alla designazione degli assistenti, come si desume dalla conversazione telefonica prog. 523, sempre del 9 febbraio 2005, ma in ora successiva a quelle sopra indicata, intervenuta tra la Fazi e Bergamo. La conversazione, nella parte che qui rileva è del seguente tenore: Bergamo: <Ho detto [a Moggi]: chi vuoi assistenti domenica ? [gara Juventus-Udinese]; dice: voglio Ambrosini e Foschetti; ho detto: no, ti mando Ricci e Gemignani .... [ride] ... insomma sai, se non è zuppa è pan bagnato, però, tanto per non dirgli quello che vuole lui ...>. F.: <Certo, no, no, ma Ricci è suo, Gemignani va bene, quindi ...>. Bergamo: <E va bè, ma tanto per dirgli ... e ... o ... ma senti ...>. F.: <Ma hai fatto bene Paolo è, è così ...> Bergamo: <Nun posso, mettermi a fa il Pierino ...>. F.: <Ma t'ha richiamato lui o l'hai chiamato tu ?>. Bergamo: <No, ho chiamato io ...>. F.: <Hai fatto bene, corteggialo adesso e ... fa una telefonata in più, guarda fanne una di meno a me, che ti risento fra 20 giorni>. Per la partita Juventus-Udinese verranno poi designati gli assistenti Gemignani e Foschetti. La telefonata appena trascritta è illuminante perché dimostra:- che vi è una interferenza di Moggi nella scelta degli assistenti, che si manifesta con una esplicita indicazione di quelli da lui desiderati;- che la scelta degli assistenti non era frutto di un'autonoma scelta del designatore, ma era invece condizionata dalla richiesta di una delle squadre in competizione (e non è necessario attardarsi sulla rilevanza delle decisione degli assistenti);- che c'è una soggezione di Bergamo nei confronti di Moggi».

Moggi, al contrario di Meani, non chiama per ottenere gli assistenti (è Bergamo ad effettuare la chiamata). Il passaggio citato è poi solo una conversazione tra Maria Grazia Fazi e Bergamo in cui quest’ultimo parla di un colloquio avuto con Moggi. Bergamo non è in soggezione nei confronti di Moggi perché, se così fosse, gli avrebbe accordato la scelta di entrambi i guardalinee anziché di uno solo. Inoltre, il dg bianconero chiede Ambrosino e Foschetti i quali hanno diretto la Juventus, nella stagione 2004/05, rispettivamente 4 e 3 volte (Ricci e Gemignani, ancora meno, 2 e 3). Ben lontani dai mai citati Mitro (7) e Maggiani (5). Se Moggi riteneva quei due assistenti “amici” perché non se li è fatti mandare più spesso? Non è che forse li reputava semplicemente affidabili e preparati? Dove, nella fattispecie, Moggi chiede due guardalinee che favoriscano fraudolentemente la Juventus?
D’altra parte nemmeno Bergamo fa alcun riferimento di questo alla Fazi. Eppure si è più volte sostenuto che chiamare gli assistenti per avere arbitri bravi e capaci è legittimo. Perché se lo fa Moggi non lo è più? Dov’è la presunzione di innocenza?

(86) «La Commissione ritiene ragionevole presumere che l'episodio sopra descritto, riferibile alla partita Juventus-Udinese del 13 febbraio 2005 (oggetto di un successivo capo di incolpazione), non sia isolato; la naturalezza con la quale si svolge il colloquio tra Bergamo e Moggi, il fatto che sia stato il primo a chiamare il secondo, l'ora notturna (1.04, nda) in cui è avvenuta la chiamata, ed il successivo colloquio di Bergamo con la F., dal quale si rileva che la trattativa sulle designazioni, fa parte di una consuetudine, nota anche a quest'ultima tanto da non meravigliarla, sono tutti elementi che consentono di affermare con tranquillità che la condotta del Moggi, resa manifesta dalle intercettazioni, si inserisce in una abitualità della condotta».

Secondo la Caf, in mancanza di prove (Moggi non fa le griglie e non chiede arbitri), l’illecito sta nell’abitudinarietà, nella naturalezza e nell’orario dei contatti telefonici. La naturalezza del colloquio è facilmente spiegata con la conoscenza trentennale che lega Moggi e Bergamo (il quale dice la stessa cosa riguardo a Facchetti), l’ “abitualità” è invece solo desunta (vi sono anche altre telefonate ma solo in questa si parla espressamente di griglie) e la conversazione con la Fazi non può certo costituire prova al riguardo (Bergamo non dice: «guarda, Moggi mi chiama sempre» né usa locuzioni tipiche che facciano pensare ad una reiterazione di telefonate, quali “ancora una volta”, “come sempre”, “come al solito”, e così via). Tralasciamo ogni commento sull’orario notturno. Se Moggi avesse chiamato di giorno e avesse parlato con meno scioltezza la condotta sarebbe stata giudicata corretta?