Dal CinSiamo nell'anticamera del processo di Napoli ma ancora oggi qualcuno ignora l'origine dello stesso e ci chiede: "Perchè calciopoli scoppia a Napoli? Perchè due magistrati specializzati in lotta alla camorra, con i problemi che vive quella città, si occupano di calcio?".
Rispondiamo a questi ed altri quesiti attraverso questo dossier, con il quale ci siamo proposti di studiare e seguire questo processo.

2004 - LA GENESI
I due pm Narducci e Beatrice della Procura di Napoli indagavano da tempo sulle scommesse. Il 12 maggio 2004 Repubblica scrive:
"Calcio, torna l'incubo scommesse. Sotto accusa 12 club e 5 giocatori.
Sui risultati delle partite l'ombra della camorra. Tra i reati associazione a delinquere e frode sportiva. I pm Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci indagano su un giro di partite truccate, di scommesse legate a risultati già concordati, per cospicui guadagni. Una trama oscura dove si agitano camorristi, faccendieri, mediatori e calciatori intercettati in una serie di telefonate dai contenuti sospetti ...."

L’inchiesta si chiuderà nel 2007: (15 maggio 2007 - Ansa) "Si è conclusa con nove richieste di rinvio a giudizio l’inchiesta sul giro di scommesse nel mondo del calcio condotta dalla procura di Napoli. I pm Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci contestano il reato di associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva a sei calciatori, un dirigente di società, un procuratore sportivo e un organizzatore di scommesse. Tre sono le partite, del campionato di serie A 2003-2004, per le quali i magistrati avrebbero accertato illeciti."

ENTRA IN SCENA DAL CIN
Dal Cin, ex amministratore delegato dell’Udinese, e all’epoca direttore generale del Venezia, viene ascoltato in qualità di teste dall’autorità giudiziaria e dall’Ufficio Indagini della Federcalcio in merito alle vicende del calcioscommesse. Scrive Repubblica del 12 luglio 2004:
"Il lavoro investigativo si è basato in larga parte sulle intercettazioni telefoniche, ma non manca una clamorosa deposizione di Franco Dal Cin, un personaggio molto noto nel mondo del calcio.
Dal Cin parla di una " combriccola romana" e di una società, il Messina, legata a Luciano Moggi, direttore generale della Juventus. Scrivono gli inquirenti nel decreto di perquisizione.
"In data 5 giugno 2004, la polizia giudiziaria ascoltava, quale persona informata dei fatti, l'amministratore delegato del Venezia Calcio Francesco Dal Cin (che era già stato sentito dall'ufficio di indagine della Figc). Egli ribadiva quanto aveva già riferito agli organi federali sulla 'opinione condivisa dalla maggior parte dei miei colleghi che la societa' calcio del Messina sia stata in diverse occasioni agevolata allorquando gli incontri da questa disputati erano diretti da un gruppo di arbitri facenti parte della cosiddetta 'combriccola romana', di cui -secondo le dichiarazioni di Dal Cin- farebbero parte pure gli arbitri Gabriele e De Santis, a loro volta legati alla società Gea riconducibile alla famiglia Moggi"

Ma Dal Cin, chiarisce e, soprattutto, smentisce: "Sono venuto a conoscenza di certe affermazioni che avrei rilasciato al giudice istruttore di Napoli - spiega Dal Cin ai microfoni di RAI Sport Sera -, credo che sia molto semplice smentirle, perché il senso delle mie dichiarazioni non è sicuramente stato quello. Io ho raccontato cose viste da me e da altri miei amici ma le conclusioni non erano quelle. Nessun inquisitore, nessuna prova, nessuna dichiarazione contro qualcuno, solo un racconto di cose che si dicevano".

Aggiungiamo per la cronaca che Messina-Venezia, partita dagli strascichi inconsueti (rissa e maxisqualifica al portiere ospite Soviero, vittima di un vero e proprio raptus violento) fu diretta da Palanca - arbitro poi terminato sul registro degli indagati della Procura partenopea - e finì 2-1 per i siciliani, con la vittoria del Messina "indovinata" da alcuni giocatori inquisiti durante una conversazione telefonica intercettata.
I nomi fatti da Dal Cin nella deposizione sono nomi di primo piano: Moggi, De Santis e Gea, nomi da copertina. L’indagine sul calcio scommesse sembra finire sul binario morto e parte il treno di calciopoli.

LA SVOLTA PER ROMA
Fino ad allora le indagini erano state svolte a Napoli, dove tra l'altro l'inchiesta era condotta dalla DDA che vanta un propria struttura investigativa autonoma. Dal luglio 2004 i pm Beatrice e Narducci incaricano della fase investigativa i Carabinieri di Roma. Di fatto due inchieste, quella sulla GEA e quella di Napoli, sono state affidate ai medesimi ufficiali di Polizia Giudiziaria e questo a molti sembrò una stranezza.
Il collegamento tra l'indagine di Napoli e l'inchiesta dei Carabinieri romani appare molto labile.
Già il 12 luglio 2004 Dal Cin nella sua smentita dice che era "solo un racconto di cose che si dicevano" e certo non una denuncia circostanziata. Per di più è tutt'ora in corso a Roma un processo proprio sulla GEA World, che per altro non vede né Gabriele né De Santis implicati.
Perché, dunque, i pm napoletani si rivolgono ai Carabinieri di Roma?
Il pm Beatrice risponderà su quella scelta nel corso di una lunga intervista a L’espresso: "Le intercettazioni sono state affidate ai Carabinieri di Roma per ragioni né casuali né recondite. Quando chiudemmo le indagini sul calcio scommesse sapevamo che loro s'erano già occupati di Moggi e del suo entourage, coinvolti nella vicenda delle fideiussioni. Avevano già materiale''.
Roma non era l’unica ad "avere materiale". Anche a Torino avevano materiale su Moggi per via di una indagine in corso. Ma l’indagine prende la via per Roma, per la precisione per via In Selci, dove il maggiore Auricchio organizzerà una squadra speciale. Così racconta un carabiniere della squadra intervistato da Federica Angeli per Repubblica:
I magnifici 12 della squadra Offside
Repubblica — 20 maggio 2006 pagina 2 sezione: ROMA
«Da oggi dimenticate di avere mogli, sorelle, madri. Abbiamo per le mani attività molto importante alla quale vi dedicherete notte e giorno, fino a quando non avremo risultati concreti in mano». Era il luglio del 2004 quando il maggiore Attilio Auricchio, comandante della seconda sezione del nucleo operativo di via In Selci, chiamò nel suo ufficio dodici dei suoi migliori uomini e creò la squadra «Offside». [...] Così i dodici carabinieri - due coordinatori e dieci operativi su strada - hanno iniziato a lavorare a bordo campo, dagli spalti. Notte e giorno. [...] Un labirinto complicato quello nel quale hanno iniziato la loro partita fuori dai riflettori, in cui a vittorie schiaccianti seguivano sconfitte clamorose. «Talvolta gli eventi parevano inanellarsi con disarmante semplicità - racconta un investigatore - periodi invece li abbiamo trascorsi nel blackout più totale in cui sembrava non esserci via d' uscita». Ma la squadra «Offside» non si è arresa. «Erano passati alcuni mesi e non avevamo più nessuno spunto dai colloqui tra Moggi e altri personaggi coinvolti nell' inchiesta - a parlare è uno dei dodici, infiltrato nella sede della Federazione italiana gioco calcio - Un giorno venne da me una persona della Federazione e mi disse di chiamare la segretaria di un tizio e di comunicarle un nuovo numero di cellulare di Moggi. Una nuova utenza, creata ad hoc, perché lui aveva timore di essere ascoltato sulle altre. Grazie a quel nuovo numero riuscimmo a riagganciare conversazioni utili per arrivare al traguardo». Fasi di stallo, quindi la ripresa. La centrale operativa dei due coordinatori del gruppo era un'auto civetta che stazionava sotto il palazzo del personaggio da intercettare. Dotati di una ventiquattrore, con dentro un'apparecchiatura che costa oltre 150mila euro, intercettavano i segnali di radiofrequenza emessi dai cellulari dell'indagato. Decifravano i messaggi nel giro di una mezz'ora e davano quindi indicazioni al resto della squadra. Il team si è mosso a trecentosessanta gradi: alcuni carabinieri si sono infiltrati nella sede della Federazione italiana gioco calcio, altri si sono invece occupati esclusivamente dei pedinamenti, soprattutto a Moggi [....]"

"Loro avevano già materiale" ma, stranamente, nonostante il grande impegno del maggiore Auricchio e l'ingente dispiegamento di uomini, le intercettazioni di Roma sembrano non iniziare subito. Solo generiche "attività investigative" preliminari, compendiate (secondo la prima informativa) da una "nota" del 18.09.2004, nella quale viene ipotizzato il reato di "associazione a delinquere". L'intercettazione più "vecchia", nella prima informativa, è del 11.10.2004.

TORINO ARCHIVIA
Nel frattempo Torino indagava ancora sul caso doping. Il GIP all'inizio autorizza intercettazioni (con varie autorizzazioni) dal 30 giugno fino al 8 settembre 2004. Le intercettazioni si chiudono per la "mancata concessione da parte del GIP di ulteriori proroghe richieste dal PM." che così motiva il rigetto: "... rilevato che dalle operazioni di intercettazione sin qui intercorse sulle utenze sopra indicate non sono emersi elementi di tale utilità all'accertamento della originaria ipotesi accusatoria da far ritenere la prosecuzione delle predette intercettazioni indispensabile ai fini delle indagini"
In data 8-09-2004 i pm fanno nuova richiesta ma in data 9 settembre il GIP respingeva la richiesta di intercettazione per insufficienza indiziaria in ordine alla sussistenza dell'ipotizzato reato di associazione per delinquere. Il GIP si soffermava sulla reale valenza indiziaria degli indizi del reato di cui all'art.416 c. p., ritenuti privi non solo del carattere della gravità ma anche di quello della sufficienza ("... ma soprattutto non possono ritenersi sussistenti sufficienti indizi in ordine al reato di associazione per delinquere.."), "...e ciò per mancanza di pressoché tutti gli elementi costitutivi della fattispecie".
Il rigetto finale dell'autorizzazione a proseguire le indagini avvenne in data 27-09-2004 (nella sezione Download: Archiviazione di Torino):
"La richiesta veniva respinta dal GIP sotto il profilo della mancanza dei gravi indizi di sussistenza del reato di corruzione, sottolinenandosi nel provvedimento in data 27.9.04 che "alla luce degli esiti delle intercettazioni telefoniche sin qui disposte e svoltesi su un considerevole numero di utenze telefoniche in uso agli indagati, il quadro indiziario sulla cui base era stato emesso il provvedimento autorizzativo pare essersi indebolito", non ravvisando il Giudice (per le ragioni che più avanti si vedranno) alcuna significativa rilevanza probatoria agli episodi cui sopra si accennava emersi nei primi 15 giorni di intercettazione per corruzione (anzi, si potrebbe dire assumendo gli stessi una valenza in senso contrario alla ipotesi di reato per cui procedeva, tale cioè da indebolire il quadro indiziario emerso sino a quel momento)"

I contenuti delle intercettazioni curate da Torino non erano molto diversi da quelli emersi dall'indagine di Napoli. Alcune di quelle intercettazioni, come la famosa telefonata Pairetto-Dondarini del 22-09-2004, vengono pubblicate a maggio 2006 dopo la fuga di notizie che mette in piazza calciopoli e non differiscono, per rilievo penale, da quelle fatte da Roma. Per il Gip di Torino non sono sufficienti a provare l'associazione a delinquere e molte altre intercettazioni vengono addirittura considerate scagionanti. A Napoli la pensano in modo diverso e la squadra di Auricchio può lavorare tranquillamente sul caso anche se per alcuni mesi non raggiunge esiti positivi ("Erano passati alcuni mesi e non avevamo più nessuno spunto dai colloqui tra Moggi e altri personaggi coinvolti nell' inchiesta" rivela il carabiniere intervistato). Le intercettazioni di Torino, in seguito, entreranno a far parte del materiale napoletano.


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